I non performing loans sono per le banche italiane i “crediti deteriorati” ovvero i crediti che non riescono più a ripagare il capitale e/o gli interessi dovuti ai creditori e la cui riscossione è divenuta incerta.
Le linee guida della Banca d’Italia li differenzia in:
- le sofferenze: gli NPL risultanti da soggetti in stato di insolvenza;
- le inadempienze improbabili (Unlikely To Pay, dette UTP): crediti dell’istituto bancario verso un soggetto considerato non in grado di adempiere totalmente alle sue obbligazioni di credito senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie;
- le esposizioni scadute o sconfinanti (Past due): crediti scaduti da oltre 90 giorni o da una soglia rilevante predefinita.
a queste 3 categorie sono stati aggiunti dall’autorità di vigilanza Europea i:
- crediti forborne, le esposizioni creditizie per le quali sono state concesse modifiche delle condizioni contrattuali o un rifinanziamento totale o parziale, a causa delle difficoltà finanziarie del debitore, che potrebbero determinare una perdita per il creditore.
L’alto livello di crediti deteriorati rappresenta un problema per la banche e per tutto il sistema economico a causa della riduzione del valore del credito e degli alti costi di riscossione.
Per venire incontro alle esigenze delle banche di “smaltire” dai bilanci i crediti deteriorati nel 2016 il Governo Italiano ha inizialmente istituito il fondo Atlante 1 e 2 con lo scopo di acquisire i crediti e creare un mercato per la cartolarizzazione, cioè l’acquisto di un credito in cambio di un corrispettivo immediato, e per garantire gli aumenti di capitale di banche in difficoltà.
In seguito il legislatore è dovuto intervenire nel corso degli anni con diverse disposizioni in materia nonché pacchetti di riforme come ad esempio la riduzione delle procedure fallimentari e l’inserimento del concordato preventivo fino a rendere più vantaggiose le cessioni di NPL.
Nel 2016 inoltre sono state varate dal Governo Italiano anche garanzie pubbliche per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci delle banche (la GACS ovvero Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze) con il fine di ridurre tramite il sistema della cartolarizzazione la differenza tra il prezzo con cui le banche vogliono cedere i loro crediti deteriorati e il prezzo con cui li valutano i potenziali compratori.
Alle riforme si è accompagnata anche l’attenzione dell’autorità di vigilanza e nel gennaio 2018 la Banca d’Italia ha pubblicato la versione definitiva del documento “Linee Guida per le banche Less Significant italiane in materia di gestione di crediti deteriorati”, in coerenza con la “Guidance to banks on non performing loans”, rivolta alle banche Significant, pubblicata dal Meccanismo di Vigilanza Unico (Single Supervisory Mechanism), il sistema Europeo di vigilanza in data 20 marzo 2017.
“L’obiettivo” – si legge nell’introduzione del documento “ è di dare impulso a una gestione più attiva dei crediti deteriorati da parte delle banche”.
Il documento, seppur di carattere non vincolante, rappresenta le aspettative della Vigilanza in materia di gestione degli NPL ed invita le banche c.d. “meno significative” a formalizzare ed adottare una strategia per ottimizzare la gestione degli stessi, integrata nei processi strategici e gestionali aziendali, e volta alla massimizzazione del valore dei recuperi.
Viene quindi definita la strategia di gestione degli NPL; la governance e l’assetto operativo; le misure di concessione; la classificazione e rilevazione degli NPL; le rettifiche di valore e le cancellazioni contabili; la valutazione delle garanzie immobiliari.
Il focus della Banca D’Italia e della Banca Europea rimane quello di ridurre il livello dei crediti deteriorati in modo trasparente e credibile ponendo in essere modifiche sostanziali di organizzazione interna.
La necessità di smaltimento dei crediti deteriorati ha aperto nuove prospettive di business per il recupero crediti e nel 2017 è arrivato a quota 80 miliardi il valore degli NPL in gestione nel settore (Rapporto Unirec – Maggio 2018). A crescere sono sopratutto i crediti di vecchia data, circa il 45% sul totale degli importi gestiti dalle imprese associate.
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